L ultimo pugno di terra

Alle radici dell'Isola. La città è un mondo a sé, dove ci si sente sempre un po' estranei. «Cagliari non è la Sardegna, come la Sardegna non è Cagliari. Solo nei paesi dell'interno si possono cogliere gli elementi caratteristici della civiltà che i sardi hanno elaborato lentamente durante i secoli quasi da soli e che resiste ancora oggi ostinatamente alla spinta del progresso». Balli sardi e Mamuthones rappresentano un realtà che proviene da tempi lontani e legata a miti ancestrali. Una realtà sociale che si osserva ancora nella famiglia, nel senso religioso (una religione quasi pagana, fortemente segnata dall'Antico testamento) e nei rapporti fra individuo e società, una società interna - la stretta comunità - con le sue regole ben definite (dalla vendetta alla legittimità del furto, ma anche la solidarietà e il valore), e quella esterna con altre regole che appunto perché esterne, come le leggi dello Stato, non sono vincolanti.Nell'attesa del domani. La Sardegna si trova a vivere un momento di decadimento dove la civiltà dell'oggi non si è saputa affermare. La presenza di vecchio e nuovo è conflittuale e ancora non permette una crescita della società. In questo contesto per le giovani generazioni non rimane che l'emigrazione alla ricerca di un lavoro «in terra straniera». Si parte in gruppi, ma questa "transumanza moderna" viene vissuta con dolore e sofferenza e con la speranza di poter tornare quando le cose cambieranno.Così la voce over introduce L'ultimo pugno di terra: «Dice una leggenda: create che furono le terre ed i mari, Dio si trovò in mano un ultimo pugno di terra. Lo gettò in mezzo al Mediterraneo e vi calcò sopra il piede lasciandovi impressa la sua orma. Quella fu la Sardegna. È una leggenda cara alla propaganda turistica. Una di quelle leggende moderne che oggi propongono l'Isola come mitico approdo, come occasione di fantastici ritorni ai silenzi della preistoria. Ma se ci si accosta a quest'isola col desiderio di ricavare dall'osservazione della vita della sua gente un'immagine di verità, allora le leggende rimangono leggende e possono semmai colorarsi di un significato più semplice e amaro». Il film, l'opera più matura e completa di Fiorenzo Serra nasce con l'intento di superare, appunto, la leggenda e fotografare la Sardegna che intorno all'affermazione del Piano di rinascita si trova a vivere da un punto di vista socio-economico la contrapposizione di due mondi: uno, dominante, che la colloca in condizioni «primitive» e «medioevali»; l'altro, della modernità, limitato a certe aree, che sembra nascere già malato e non riesce a sostituire positivamente quello dominante. È insomma un'opera intrisa di un forte pessimismo e del tutto priva di quella sorta di speranza presente in maniera diffusa - spesso semplicemente per via della funzione propagandistica dei singoli film - in pressoché tutta la sua produzione. Come sempre è molto precisa la descrizione visiva di quanto trattato con scene suggestive da un punto di vista estetico. Il film vince il Festival dei popoli di Firenze nel 1965.

data uscita: 1964

paese: Italia

genere: Documentario

produzione: Fiorenzo Serra per R.A.S. Regione Autonoma della Sardegna

formato: Pellicola 35 mm

durata: 95’ 29’’

lunghezza: 2619 metri

colore: COLORI

sonoro: SONORO

titoli di testa:

Regia: Fiorenzo Serra

Soggetto: Fiorenzo Serra; in collaborazione con Antonio Pigliaru, Luca Pinna, Michelangelo Pira, Giuseppe Zuri

Fotografia: Fiorenzo Serra, Mario Vulpiani

Musiche: Franco Potenza

Produzione: Fiorenzo Serra per R.A.S. Regione Autonoma della Sardegna

Luogo di produzione / Origine: Italia

Data di produzione / Anno: 1964

Consulenza artistica: Cesare Zavattini

Collaborazione per la realizzazione: Giuseppe Pisanu, Elio Serra

Consulenza: Manlio Brigaglia, Giuseppe Fiori, Antonio Pigliaru, Luca Pinna, Michelangelo Pira, Giuseppe Zuri

Direttore della produzione: Elio Serra

Commento parlato: Giuseppe Pisanu, Manlio Brigaglia; integrato con testi di Salvatore Cambosu, Ignazio Delogu, Giuseppe Fiori, Benvenuto Lobina, Emilio Lussu, Antonio Pigliaru

Voci: Riccardo Cucciola, Manlio Busoni

Assistenti al montaggio: Cleope Conversi, Maria Schettino

Riprese speciali: Gianni Raffaldi (ASC), Mario Bernardo

Operatori: Angelo Bevilacqua, Giorgio Regis

Collaborazione alle riprese: Nini Blumenthal, Ambrogio Carta, Piero Doneddu, Mario Manconi, Raffaello Marchi, Domenichino Muscau

Musiche originali eseguite da: Francesco Bande, fisarmonica e voce; Pasquale Loi, armonica a bocca; Gonario Licheri, Emiliano Farina, Giuseppe Munari, Nazarino Patteri, cuncordu vocale

Tecnico del suono: Vincenzo Matassi

Sincronizzazione: NIS Films

Negativi: EastmancolorSviluppo e stampa: Artecolor

Credits:
Serra Fiorenzo (regia); Serra Fiorenzo (soggetto); Serra Fiorenzo (fotografia); Potenza Franco (musiche); Pinna Luca (consulenza); Serra Elio (Collaborazione per la realizzazione); Vulpiani Mario (fotografia); Brigaglia Manlio (consulenza); Brigaglia Manlio (commento parlato); Zavattini Cesare (consulenza artistica); Pisanu Giuseppe  (Collaborazione per la realizzazione); Pisanu Giuseppe  (commento parlato); Fiori Giuseppe (consulenza); Pigliaru Antonio  (consulenza); Pira Michelangelo  (consulenza); Zuri Giuseppe  (consulenza); Cucciola Riccardo  (voce); Busoni Manlio  (voce);

 

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda