I Mamuthones

Mamoiada, paese del nuorese che il film presenta in un quadro di insieme e attraverso scorci delle vecchie strade del centro, durante le feste del carnevale ospita i mamuthones. Queste maschere tradizionali sono distinte in due gruppi: quelli che indossano la mastruca, portano sulle spalle un'imbracatura di campanacci e hanno il volto coperto da una maschera di legno; quelli col volto scoperto e vestiti con colori vivaci che usano la soca, un laccio, che un tempo era di cuoio e ora è di corda, con il quale imprigionano la gente che incontrano e per questo si chiamano isocatores.

Il documentario, dal tono antropologico, segue i mamuthones nelle tappe principali di una giornata, che la macchina da presa ci mostra nella sua dimensione naturale senza abbellimenti cinematografici o inquadrature "ad effetto", dalla vestizione fino alla sfilata nelle strade del paese e alle visite nelle case degli amici a prendere un bicchiere di vino. La descrizione è sempre precisa sia attraverso le immagini che nel commento parlato e la realtà dei mamuthones è rapportata alle forme del carnevale moderno dove si vedono i giovani vestiti con l'abito della festa e i bambini con maschere non tradizionali. I mamuthones rimangono comunque l'elemento centrale del carnevale mamoiadino e sono loro a scandire i ritmi della festa irrompendo nella piazza dove si balla con "grazia ieratica" un ballu tundu collettivo o percorrendo le strade del paese. Queste figure tradizionali procedono in gruppo con un passo di danza cadenzato e lento a saltelli facendo suonare all'unisono i campanacci che portano sulla schiena, i loro volti trasfigurati da maschere di legno appaiono terribilmente cupi e danno un profondo tono di tristezza. Gli isocatores al contrario hanno espressioni ilari e si muovono disordinatamente cercando di prendere al laccio qualcuno che osserva dai lati delle strade o dalle finestre. Essere presi dalla soca un tempo rappresentava per la donna un complimento mentre per l'uomo era un invito a pagare da bere. La passeggiata è lunga e stancante e i protagonisti, quasi tutti anziani, la vivono come un rito da osservare che più come un divertimento. Loro sono quasi degli iniziati appartenenti a una setta e seguono rigorosamente i ritmi di una giornata dove non si parla e si mangia pochissimo. Alla fine domina su tutto la dimensione triste e cupa, quasi a rappresentare un mondo segnato dai conflitti già a livello ancestrale.

 

 

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda