Aspetti della pesca nei mari della Sardegna

Si parte dalla pesca di base; un uomo con un filo, poi una barca (con l'isola Tavolara sullo sfondo). Le barche a remi ormai scompaiono lasciando lo spazio ai motori. Si parte e si getta la rete dove il pescatore esperto decide di fermarsi. Le reti sono lasciate per lo più un giorno. Il giorno successivo si tira su. Una barca che pesca palombi; il poppiere tira su la rete; deve essere molto abile nel non lasciarsi sfuggire i pesci. Immagini nel dettaglio dei pesci ormai nella barca. Nelle immagini tutto il risultato della pesca; ciò che tira su la rete. Una grande chiavica, caratteristica della Gallura; due motobarche trascinano la rete in una spiaggia riparata, dove i pescatori la tirano terra. La cinta è invece un sistema di reti che circonda un fondo scoglioso, dove si suppone ci siano i pesci. Qui vengono catturati dai pescatori in barca con le fiocine. La lampara si effettua di notte, con due barche, una delle quali, senza luce, circonda quella con la luce con una rete, per intrappolare i pesci che si raccolgono attorno al fascio di luce. Proficua è la pesca delle aragoste, praticata con le nasse. Re della pesca è invece il peschereccio, per la pesca a traino o a strascico; i migliori fondali si trovano nel sud dell'isola. Si lancia rete nel posto adatto, finche il peschereccio trascina la rete, mentre i pescatori a bordo tirano su lentamente la rete con un argano. Dalla rete saltano fuori pesci in gran quantità. Una volta scaricato, il pesce è selezionato e sistemato col ghiaccio nella stiva. Infine il momento del pasto, lo zimino, la zuppa di pesce in un battello composto da pescatori sardi siciliani e livornesi, accorsi in sardegna per sfruttare la pescosità del suo mare.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda