La Coltivazione del mare

Il film di Antonello Cara del 1972 è un documentario sull’approccio dei pescatori sardi all’ammodernamento della pesca. Sulle rive delle maggiori lagune che si estendono lungo le coste della Sardegna si praticano ancora metodi di pesca arcaici. Gli stagni di Cabras, Santa Giusta, di Marceddì sono solcati dai fassonis, le imbarcazioni di giunco. In queste acque estremamente pescose si costruiscono le peschiere, lunghe palizzate di canne, che incanalano il pesce lungo una serie di corridoi obbligati. Una volta riempite al massimo, i pescatori iniziano le operazioni di pesca. Una risorsa della pesca in stagno è rappresentata dalla bottarga, le uova di muggine. Le uova, una volta estratte, vengono salate, essiccate e stagionate secondo un procedimento naturale che conferisce loro un eccellente sapore. Le immagini mostrano le diverse fasi della lavorazione di quello che viene definito “il caviale sardo”. La Sardegna, nonostante la pescosità delle sue acque, non può essere definita una terra di pescatori a causa del tempo incostante, dei forti venti e dei metodi arcaici, che rendono il lavoro dei pescatori difficile, rischioso e scarsamente remunerativo. La Regione Sarda è intervenuta in questa direzione predisponendo investimenti e sovvenzioni per la promozione della pesca marittima, per l’ammodernamento delle tonnare, per l’incremento delle peschiere. Perché la pesca possa diventare un’attività industriale, si deve provvedere, inoltre, alla tutela del patrimonio ittico, costituendo parchi, dove la pesca sia regolata per evitare lo sfruttamento irrazionale. Se il mare sarà coltivato, proprio come si coltivano i campi, si potranno sfruttare le ricche risorse dei suoi mari. In alcune regioni dell’isola si pratica, con sapere antico la pesca al tonno. Lo speaker spiega le immagini della mattanza, la pesca con le tonnare sotto la guida dei rais.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda