Civiltà diverse

Il belare delle pecore dà inizio al film, seguito dal commento della voce fuori campo. Essa spiega che la Sardegna, terra dall’anima antica come quella della sua gente, è ancora legata ad un’economia primordiale.
Le pietre sono state il materiale da costruzione dei nuraghe. Essi entrano in armonia con il carattere “ferrigno e diffidente” dei sardi, il quale riflette l’antico mondo chiuso. Il periodo nuragico è stato definito Medioevo Protostorico. Il nuraghe, casa-fortezza dei capi, è infatti, come il castello medievale, simbolo di disunione politica, oltre che strumento necessario a salvaguardare privilegi particolari. Anche gli insediamenti sorti accanto alle torri nuragiche esprimono il prevalere del senso dell’isolamento. In Sardegna, il Medioevo, oltre ad aver preceduto quello storico, si è protratto fino ai giorni nostri. I paesi sardi, infatti, non possiedono ancora infrastrutture civili e sociali. Il documentario mostra immagini di vita quotidiana: una donna che lava i panni al fiume, un’altra che fila la lana, la preparazione dei pomodori secchi, l’allevamento delle galline. E ancora, sequenze sul mondo agricolo e pastorale: la mungitura delle pecore, la preparazione del formaggio dopo aver filtrato il latte, il trasporto della legna con l’asino, la trebbiatura che utilizza il giogo dei buoi.
Al mondo arcaico dei sardi è stata contrapposta una realtà nuova, quella della fabbrica (Ottana), che nell’isola rappresenta un avvio economico prematuro e non armonico. Questo ha portato pesanti conseguenze, tutte documentate dalle inquadrature di articoli di giornale: la crisi delle vecchie strutture lavorative come le miniere, la recrudescenza della criminalità, la crisi dei pastori e degli agricoltori, l’aggravarsi del fenomeno dell’emigrazione. Quest’ultima chiude il filmato con le immagini prive di dialogo di una breve fiction avente per protagonista un ragazzo che decide di abbandonare l’isola.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda