Visiones de Sardigna (2ª puntata)

Il documentario, presentato dalle vie di Cagliari, è in gran parte dedicato al cinema sardo. Esso, afferma il conduttore, ha sofferto per molti anni il problema dell'isolamento. Solo oggi si può intravedere uno spiraglio di luce grazie a registi come Gianfranco Cabiddu, Piero Sanna, Enrico Pau. L'argomento è affrontato attraverso l'intervista al regista di Dorgali Salvatore Mereu. La sua passione per il cinema risale, come egli stesso racconta, agli anni del liceo, quando fu 'folgorato' da un film di Francois Truffaut. Di lì la decisione di frequentare il D.A.M.S. Poi, dopo la laurea fu la volta della Scuola Nazionale del Cinema. Il primo lavoro di Salvatore Mereu fu un cortometraggio ambientato nella Nuoro del 1936 e tratto dal libro "Lettere a Fannia", scritto dall'avvocato Mannironi. Il film, del quale vengono proposte alcune sequenze, fu intitolato "Prima della fucilazione". Esso descrive l'ultimo giorno di vita di Antonio Pintore, l'ultimo condannato a morte in Sardegna. Appartenente alla banda dei fratelli Pintore, egli fu accusato del sequestro e dell'omicidio della figlia del podestà di Bono, una bambina di otto anni. Il suo avvocato fu proprio il Mannironi. Dopo questo film fu la volta di un altro cortometraggio, "Miguel", che racconta la storia di uno spagnolo che, giunto in Sardegna, vende scarpe per le vacche ai pastori di Urzulei facendo credere loro che esse permettano una maggior produzione di latte. Gli spezzoni mostrano qualche scena del cortometraggio. Entrambi i lavori hanno ottenuto premi di fama internazionale. Dopo questi fu la volta del primo lungometraggio, che il Mereu stava girando durante l'intervista rilasciata ai microfoni di "Visiones de Sardigna". Un film interamente ambientato in Sardegna, che si serve della lingua sarda e per la cui realizzazione il Mereu ha scelto, in gran parte, attori non professionisti. Tra questi, Michele Carboni, cavaliere dell'Ardia di Sedilo. Quando ci si accinge a girare un film in Sardegna, spiega il Mereu, s'incontrano però ancora non poche difficoltà. In primo luogo, la Regione Sarda concede pochi aiuti ai registi, in secondo luogo fare cinema nell'isola comporta un dispendio maggiore di denaro. Dal cinema si passa alla fotografia, quella di Sebastiana Pappa, che nel 1966 giunse in Sardegna e immortalò in immagine la gente di Orgosolo. Ritornata nell'isola dopo vent'anni, la Pappa fotografò gli stessi orgolesi, di cui il video mostra le immagini in bianco e nero, materiale per la pubblicazione di un libro edito da Fahrenheit 451. La Pappa ha fotografato la vita dei pastori, nei momenti di fatica e in quelli più leggeri, ma ha dato spazio soprattutto alla figura della donna, sottolineandone l'importanza. Una parte del documentario è dedicata all'arte antica della lavorazione dei coltelli (arresoias). A Santulussurgiu quest'abilità è legata al nome di Vittorio Mura, che le inquadrature riprendono durante il lavoro. Sottolineata l'importanza del coltello per una società che, come quella sarda, è pastorale, si passa alla sua descrizione. A parte l'uso dell'avorio, talvolta per la sua decorazione vengono utilizzati metalli nobili come l'oro. Il servizio di chiusura ha per tema la più antica chiesa della Sardegna, quella di Sant'Antioco, nell'omonimo paese. Il Santo, medico proveniente dalla Mauritania, fu confinato nell'isola dall'imperatore Adriano, perché divulgatore del cristianesimo. La sua destinazione fu l'odierna Sant'Antioco. Morto nel 127 d.C., Antioco fu seppellito dove attualmente sorge la chiesa a lui dedicata. Sotto il tempio vi sono catacombe, alcune risalenti al VI sec. Il paese festeggia tre feste in suo onore: quindici giorni dopo Pasqua, il primo agosto ed il 13 novembre.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda