Ritorno all'Asinara

Il film offre, attraverso i ricordi dei protagonisti, un racconto corale delle esistenze sull'isola dell'Asinara ai tempi del carcere. I ricordi dei protagonisti sono montati in modo tale da suggerire allo spettatore una serie di contrasti spesso stridenti. Rita e Aurelia sono nate sull'isola, e raccontano la loro infanzia a contatto con gli ergastolani, descrivendo i detenuti come uomini normali. Ricordano i loro giochi da bambine. Le cose, dicono, cambiarono con l'arrivo dei mafiosi. I brigatisti, invece, non potevano uscire, e nemmeno facevano parte della colonia di lavoro. Intervistate a proposito dell'ipotesi di edificare sull'isola, le ragazze auspicano che ciò non accada. Polemicamente rispetto ai proclami di tutela del territorio, ricordano come l'amministrazione carceraria usasse l'incendio come arma per stanare gli evasi. Agrippino Costa, autore di furti clamorosi, fu alla testa di movimenti interni di rivendicazione che gli sono costati altri 25 anni di carcere. Ricorda il suo arrivo sull'isola, l'accoglienza a suon di manganellate. Tra i suoi vicini di cella, ricorda Curcio e alcuni esponenti dei N.A.P. Detenuto con la passione della pittura, in cella dipingeva con la sua urina quadri che poi doveva scaldare col fuoco per poterli vedere. Legge una poesia. Ricorda che il direttore Cardullo lo spronava a scrivere poesie, poi venne inquisito per una storia di ruberie sui viveri e sui gioielli dei detenuti. Tra le rivolte, sanguinosa quella del 1979, ma vi furono anche numerose proteste. Alla fine del film, racconta la paura che provò al momento di tornare in libertà. Ora ha dieci figli. I dettagli del 41bis sono raccontati dall'ispettore di polizia penitenziaria Marcello Caracoi. Vivevano e mangiavano in celle da quattro, avevano diritto a un solo colloquio al mese, visivo, ossia senza possibilità di contatto fisico. Ricorda la chiusura del carcere. Il faro di punta Scoro non funziona più. Le immagini mostrano la tomba della famiglia Massidda. L'isola ospitò alcuni prigionieri serbi di guerra. Durante il fascismo addirittura la figlia del Negus d'Etiopia col suo seguito. Il figlio della donna morì di tifo. Le immagini mostrano una serie di foto d'epoca che ritraggono le strutture del faro e dell'isola e alcuni detenuti. Il lavoro del guardiano del faro è un lavoro notturno, faticoso, la figlia ricorda che soffriva molto per via dei motori rumorosi che mettevano in moto la struttura. La maestra Franca Solvetti racconta le esperienze coi ragazzi, le feste organizzate che coinvolgevano tutta la popolazione dell'isola detenuti compresi. Giovanni Maria Deriu, ispettore Pol.Pen., ricorda l'evasione di Matteo Boe. Il cappellano Piergiorgio Curreli ha celebrato tre matrimoni sull'isola, due di guardie carcerarie e quello di Cutolo. Anch'egli ricorda episodi di tensione solo con l'arrivo dei mafiosi, non coi brigatisti. L'agente Eugenio De Negri ricorda i tempi dell'Asinara come "bei tempi".

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda