Marcinelle. Memorie dal sottosuolo

Si articola attraverso la continua alternanza di film storici in bianco e nero con interviste ai superstiti della tragedia di Marcinelle e ai congiunti di coloro che, invece, non si sono salvati. In apertura, un video prospetta la fine della seconda guerra mondiale come l'alba di un nuovo inizio. Il film Nascita di Carbonia mostra le immagini della fondazione da parte di Benito Mussolini di una cittadina sarda la cui storia è interamente legata all'estrazione del carbone. Ma, afferma la voce fuori campo, all'indomani del conflitto mondiale le materie prime italiane stavano già scarseggiando. La situazione dell'Italia era diametralmente opposta a quella belga: la prima aveva molta manodopera e poche risorse minerarie, il Belgio possedeva invece grandi giacimenti carboniferi e poca manodopera disposta a scendere nelle viscere della terra per l'estrazione del carbone. L'intervista alla Prof. Anna Morelli dell'Università di Bruxelles, rivela che nel 1946 i belgi non volevano fare i minatori perché coscienti dei pericoli ai quali li avrebbe esposti la miniera. Fu per questo motivo che il governo belga decise di "importare manodopera" da altri stati. L'Italia, di fronte alla piaga della disoccupazione, si dimostrò interessata a far emigrare la sua manodopera. Il 23 giugno 1946 Belgio e Italia giunsero ad un accordo. Il primo avrebbe venduto carbone allo stato italiano a prezzo di favore, in cambio questo avrebbe inviato in Belgio operai per il lavoro nei giacimenti carboniferi. L'accordo, precisa Anna Morelli, prevedeva l'"esportazione" di duemila giovani ogni settimana, in tutto centomila unità all'anno. Furono affissi manifesti rosa in tutti i comuni italiani. In essi si faceva presente che il Belgio richiedeva operai minatori, ma poco si diceva sul lavoro che gli operai avrebbero dovuto svolgere. Secondo l'accordo, tutti i futuri lavoratori delle miniere belghe sarebbero dovuti confluire alla stazione di Milano. Qui una commissione medica avrebbe effettuato "la selezione definitiva" dei lavoratori. Da Milano si sarebbe poi partiti in Belgio. Arrivati nella terra d'emigrazione gli italiani furono alloggiati in campi e baracche che in passato furono campi di concentramento, fatti costruire dai tedeschi per i prigionieri sovietici. Lo schok per gli alloggi avrebbe però subito lasciato il campo ad uno schok ben più terribile: la discesa nel ventre della terra. Furono parecchi coloro che sarebbero voluti tornare in patria, ma si era firmato un contratto di cinque anni di lavoro. Se l'operaio non lo avesse rispettato sarebbe stato arrestato per dodici mesi. Solo nel 1948 vennero annullate le distinzioni tra minatori belgi e italiani. Questi ultimi, infatti, non figurarono più come "deportati al lavoro nelle miniere dei vincitori". Ben presto, coloro che arrivarono in Belgio per lavorare in miniera si portarono dietro le famiglie. Il film Les enfants du Borinage di P.Meyer racconta la situazione dei figli dei minatori italiani. Nei primi tempi essi, sull'esempio dei loro padri, compiuti quattordici anni dovevano lavorare in miniera. Per molti italiani l'eredità lasciata dal lavoro nei pozzi carboniferi si chiamò silicosi. La malattia uccideva annualmente circa tremila operai. I convogli italiani furono bloccati l'8 marzo 1956. Cinque mesi dopo, a Marcinelle, alle 08:20 di mattina, cominciò una terribile fuoriuscita di fumo dal pozzo n°1, dentro il quale vi erano duecentosettantaquattro minatori, molti dei quali italiani. Il pozzo carbonifero era in funzione dal 1830. La sua profondità era andata aumentando fino al raggiungimento dei milletrentacinque m. Le strutture interne erano tutte in legno, materiale facilmente infiammabile. L'incendio nel pozzo provocò duecentoundici vittime. Centotrentasei furono italiane. La tragedia di Marcinelle fu una "geografia della tragedia italiana", dopo la quale, improvvisamente, il popolo belga si rese conto della presenza dei nostri compatrioti in Belgio.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda