Nell'isola del "cacio". Storia, lavorazione e tecniche della lavorazione lattiero - casearia

Già alla fine del '700, la Sardegna era nota tra i mercanti, che per i loro traffici commerciali si spostavano attraverso il Mar Tirreno, per la sua tipica e abbondante produzione di formaggio derivato dal latte di pecora. Agli inizi del XX secolo, la trasformazione del latte a formaggio Pecorino, noto come "Fiore Sardo", fino a quel momento lavorato esclusivamente dai pastori isolani, comincia ad essere portata avanti con mezzi innovativi grazie alla presenza di caseifici impiantati da alcuni industriali laziali, interessati alla richiesta del prodotto soprattutto da parte del mercato statunitense. Nel giro di pochi anni, tali interessi speculativi provocarono un forte aumento della produzione ovina e un eccessivo controllo sul costo del latte, inducendo i pastori sardi a creare aziende cooperativitiche per difendersi dallo strapotere esterno. La prima cooperativa lattiero-casearia, venne fondata a Bortigali nel 1907, a questa ne seguiranno molte altre, fino a raggiungere il migliaio negli anni '70. Così, accanto a metodi di lavorazione e trasformazione del latte di tipo prettamente industriale, che fanno della Sardegna il primo produttore mondiale di pecorino romano, ancora oggi sussiste una produzione pastorale portata avanti seguendo fedelmente precise metodologie ispirate a tecniche antiche. Il pecorino non è il solo prodotto confezionato in modo artigianale: oltre alla ricotta infatti, dal latte e dalle cagliate fermentate si ottengono prodotti tipici come il "joddu" o il "casu ascedu" o l' "Ischidu", da sempre alimento base nell'alimentazione del pastore e della sua famiglia.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda