Sacro e profano nei rituali della Sardegna centrale

Il "sacro" a cui si fa riferimento nel titolo è rappresentato dalla festa in onore di Sant'Antonio Abate, a Ottana. I paesani preparano un grande falò di tronchi di quercia, e si pitturano la faccia col nero del sughero bruciato. Il simulacro del santo è portato in processione per le vie del paese, seguito dai confratelli e con intonazioni di gosos, i canti religiosi. La leggenda vuole che S. Antonio Abate sia sceso all'inferno per tornare tra gli uomini col dono del fuoco, pronunciando la frase "fogu, fogu, peri su logu, peri su mundu, fogu jugundu" (fuoco fuoco, intorno al luogo, intorno al mondo, fuoco giocondo).

L'occasione rappresenta l'inizio del Carnevale, la commistione del sacro col profano. Le immagini mostrano Merdùles e Boes, maschere tipiche di Ottana, che rappresentano il rapporto dell'uomo con la natura e le cui maschere simboleggiano la divinità. L'autrice mette in evidenza l'importanza della maschera e della sua funzione antica: "la maschera indossa l'uomo".

All'interno di una casa, assistiamo alla vestizione di Boes e Merdules, che in seguito percorrono le vie del paese. I Mamuthones di Samugheo rappresentano invece il sacrificio rituale della vittima (s'urtzu) ad opera dei guardiani (sos omadores). 

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda