Racconti dal sottosuolo

A far da cornice, le immagini del paesaggio delle miniere in disuso dell'iglesiente. Il documentario è un viaggio in un mondo ormai morto, che vive solo negli aspetti tecnici della miniera e nelle sue strutture. Nonostante la positività del geoparco, che crea lavoro e richiama turisti, non si può salvare la cultura dei minatori, che per proseguire ha bisogno d'essere vissuta. I minatori erano l'anima, lo spirito, il sangue della miniera. Sono intensi i primi piani ai volti segnati dalla fatica, fieri e orgogliosi della propria storia. Gli anziani lavoratori spiegano la durezza del lavoro, fatto di fatica, polvere e caldo e soprattutto di buio "si attraversava il buio, il buio si sentiva come materialità", la contraddizione di dover lasciare i "vivi" e i paesaggi bellissimi dell'iglesiente per andare sottoterra. Il lavoro era reso più disumano dal sistema Bedaux, il cottimo, che, con il controllo scientifico del lavoro, tralasciava l'umanità del lavoratore. I minatori trovavano appoggio nella solidarietà dei propri compagni e, durante gli scioperi, degli altri lavoratori. I minatori sono sempre stati attenti ai fatti politici, le miniere sono state il collante che ha unito gli uomini e li ha spinti a una visione del mondo che si rinnovasse con una "nuova umanità". Uno dei minatori racconta, in lingua campidanese, le impressioni del primo contatto con la miniera; altri ricordano i morti nel lavoro, le lotte per migliorare le proprie condizioni di vita e per cambiare la società, gli ultimi scioperi del 1993.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda