Il Castello Medusa nella storia del territorio

Nel territorio di Samugheo, centro della Barbagia Mandrolisai, nella parte aspra della montagna, verso i confini con Laconi e Asuni, si eleva una rupe calcarea, su cui sono cementati i bastioni di un castrum, dal nome di Medusa, appartenente all'origine al basso impero. Le sue pareti naturali a strapiombo nei tre lati, sono circondate dall'Araxisi, un fiume che nasce dal Gennargentu e lambisce la base della rupe, nei periodi di piena, si trasforma in fiume impetuoso, rendendo impossibile il passaggio. Questo castello, per la sua posizione, costituisce un modello rarissimo di fortificazione. E' legato alla strategia militare del periodo storico di Giustiniano, che nel 534, per proteggere questi territori, aveva munito le città di mura e posto avamposti militari nei passi montuosi. Nel castello erano stanziati reparti mobili a cavallo con servizi di ronda a guardia del territorio. Nel 534 d. C. il problema delle incursioni dei barbaricini sfociò in uno stato di guerra, che durò ben 58 anni, con fasi di accanimento sino al 594. Secoli prima, nel 19 d. C., Tiberio inviò in Sardegna, per reprimere il brigantaggio, coorti e 4000 giudei, ne dà notizia Tacito e lo attestano il ritrovamento di epigrafi in Barbagia occidentale. In epoca giudicale, Eleonora D'Arborea provvide al restauro del castello, con consolidamenti e rimaneggiamenti. Dopo il crollo del Giudicato, il castello subì le rappresaglie spagnole, poi sopraggiunse l'oblio e il degrado. Le belle immagini dall'elicottero evidenziano l'inacessibilità del castello e la natura rigogliosa del territorio. La parte estrema della rocca, che termina a forma di prua, appare imponente e suggestiva. In alto, sul frontone, si apre la grotta detta "Il buco della chiave". La cisterna è costruita sul pianoro. La planimetria rivela che lo sviluppo del castello è adattato alla rupe, a nord si trova un ponte atto a superare il precipizio, le cortine murarie seguono lo sviluppo degli strapiombi, a ovest, si trovano tracce di avamposto. Il prospetto est della rupe, nel disegno, fornisce una lettura delle opere difensive, in basso scorre il fiume, in alto sulla destra, una torre ne controllava l'ingresso con un ponte. Nei resti del torrione, a quota 216 m, appaiono evidenti i rafforzamenti d'epoca medievale. I materiali utilizzati sono gli stessi del territorio circostante, pietrame sbozzato di ridotte dimensioni, cementato con l'ottima calcina del luogo. Il castello custodisce fiabe e leggende, alcune si rifanno alla mitologia greco romana, come la leggenda di Maria Cantada, divinità sotterranea che tesseva nelle notti lunari col suo telaio d'oro i destini degli uomini. D'epoca medievale è la leggenda di Torco, signore del Mandra e Lisai, che viveva nel castello, con la moglie e la figlia Medusa, partito in Oriente al seguito di una crociata, muore in battaglia, la moglie impazzisce, stessa sorte colpisce la figlia, alla morte del fidanzato. Nel silenzio delle mura squarciate del castello, fra la natura rigogliosa, ancora si annidano il falco pellegrino, il gheppio e la pernice, lungo il tortuoso fiume, vive il cinghiale.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda