Nina o il paese del vento

Il film senza parlato esprime l'improvvisa consapevolezza di Nina sui suoi sentimenti, sul rapporto con la sua terra, la Sardegna, e con il marito, che in qualche modo vorrebbe sradicarla dal suo passato, chiamandola in un modo per lei nuovo, Nina. Il film è fatto di sequenze, ora lente, ora veloci che ritraggono le diverse espressioni della donna, raffigurate con differenti colori e geometrie, a cui si alternano le scritte che esprimono i pensieri della donna. "Ci si sposò di maggio e si partì subito dopo la cerimonia.... Rose, rose ci accompagnavano... Rose e grano, amore e fortuna, tutto ci sorrideva" con questa scritta inizia il film. Sul volto espressivo e pensieroso di Nina ballano i ricordi, che si ripetono con diversi colori e diversa velocità per tutto il filmato: i balli in costume, le feste tradizionali con il fuoco, il nuraghe, la campagna verde con i ruscelli, le maschere carnevalesche, il mare, i giocattoli, un paese, la sua casa natale, con un grande portone di vetri. Il vento muove i rami davanti al mare. La donna nasconde soprattutto gli occhi, spiega una scritta, forse per fuggire alla luce violenta dei suoi stessi sogni. Ma ciò che vuole nascondere le appartiene, è un tesoro ereditario. Il marito ormai per lei è quasi un nemico. "Ma la vita è sempre la vita, con le sue paure ingannevoli, con le sue grazie e le sue crudeltà a volte intrecciate assieme" spiega una nuova scritta. Alcune immagini riproducono la simulazione di una casa finta con gli interni virtuali e i giochi sparsi sul pavimento. Nina si dispera e porta le mani al viso. Le ombre cinesi dei sue sposi iniziano una lotta, ma le due figure, con il ripetersi dei movimenti si toccano sino ad intrecciarsi diventando un corpo solo. Nina è vestita di nero, si vedono solo gli occhi. "Ho ucciso i sogni" afferma la scritta con la quale si conclude il film.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda