Nero e bianco. Appunti sul Carrasecare di Bosa

Su Carrasegare, il Carnevale di Bosa, può essere considerato il più pagano dell'isola. Il film mostra tutti i riti di un carnevale non strutturato, che lascia libera la fantasia e l'ironia. La festa si apre la domenica e il lunedì sera con la sfilata dei carri allegorici su temi sociali. Il martedì mattina, dopo una colazione a base di sardine al tacco, formaggi, salumi e vino del luogo, avviene s'atitidu. Gli uomini e le donne indossano il domino nero e si tingono il volto con il carbone. Ogni maschera porta con sé una bambola con i segni della violenza carnale e per strada si chiede alle donne unu tikirikeddu de late, un sorso di latte, per permettere al bambolotto di sopravvivere. Nella simbologia si ritiene la donna capace di ridare la vita al Carnevale che sta morendo. Il termine atitare pare derivi proprio dal verbo sardo che significa allattare. Durante questi riti la rappresentazione del sesso avviene senza pudore. Le lamentazioni de s'atitidu e le canzoni del Carnevale sono in lingua logudorese. Il pomeriggio, i bosani si ritrovano nelle cantine del centro storico, il vino rallegra sos mutetos e sas trallalleras, i canti improvvisati, dai temi politici e sessuali. Il martedì sera si svolge la caccia a Jolzi, il simbolo del Carnevale logudorese. I bosani, vestiti con tuniche bianche, escono per strada, con l'ausilio di lumicini posti dentro ceste in vimini, le donne cercano Jolzi nel sesso degli uomini e viceversa. Si accerchia il malcapitato e una volta concluso il rito, si canta tutti insieme "Açapadu, açapadu", "trovato". Come tutte le feste, anche questa volge al termine e il paese dall'economia agricolo pastorale, posto sulle rive del Temo, nella costa occidentale della provincia di Nuoro, rientra nella sua tranquilla quotidianità.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda