Troppo di niente

Il documentario si apre con le immagini, commentate da una voce fuori campo, di un gruppo di giovani disoccupati di Seruci, che lottano per essere assunti nelle miniere semichiuse di carbone. La struttura del film prende corpo attraverso le interviste di uomini e donne che vi hanno lavorato. Dai loro racconti, accompagnati da fotografie d'epoca, emerge la fatica di questo mestiere, le sofferenze fisiche, la cattiva gestione e la politica di chiusura dell'Enel, il problema dell'emigrazione e della disoccupazione, la voglia di ricostruirsi una nuova realtà, ma anche la rassegnazione a questo stile di vita. Nel '72 è cessato ogni tipo di estrazione nella miniera di Seruci, perché la centrale di Portovesme, costruita negli anni '60 dall'Enel per sfruttare il carbone, ora funziona esclusivamente a nafta.

Nella seconda parte del filmato viene descritta la situazione, agli inizi del secolo, della miniera di zinco e piombo di Buggerru, grazie alle testimonianze, per lo più in lingua sarda, di alcune donne: dalle misere paghe allo sfruttamento sociale durante il governo Giolitti, dalla proclamazione dello sciopero del 4 settembre 1904 alla sua repressione con il sangue da parte dell'esercito. Chiudono il documentario le stesse immagini con cui si era aperto, con una speranza in più data dalla Carbosulcis, una società nata nel 1976 per la riattivazione del bacino carbonifero del Sulcis.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda