Artigianato sardo

Le sequenze iniziali del documentario sono dedicate ad alcune donne che preparano su pani carasau. Nei paesi della Barbagia, quest'ultimo, fatto in casa, viene dato ai pastori che lo mangeranno durante i sei mesi della transumanza. I prodotti umani come l'artigianato, afferma la voce fuori campo, spesso sono legati alle esigenze della vita e del lavoro dell'uomo. Essi esprimono pertanto un suo modo di vivere e lavorare. Come nel caso de su pani carasau, in Sardegna sopravvivono manufatti che sono l'espressione di una vita il cui fulcro è il lavoro dei campi e l'alternarsi delle stagioni. Sono per questo ancora numerosi i paesi dell'isola che vantano la presenza di maestri artigiani creatori di ruote e carri, adatti a percorrere le strade campestri. Così, nei paesi del Campidano, l'uomo impasta fango e paglia dando forma ai mattoni a crudo che, cotti al sole, sono utilizzati nella costruzione delle abitazioni, mostrate dalle immagini del film. Se gli uomini coltivano i campi, le donne, come documentano le sequenze, si dedicano alla filatura della lana e al lavoro al telaio. La pecora sarda, infatti, non fornisce all'economia domestica solo latte e carne, ma anche lana, dalla quale vengono ricavate coperte e indumenti per l'inverno. Un'altra produzione artigianale assai diffusa in Sardegna è quella dei cestini, per la confezione dei quali vengono utilizzati palma nana, asfodelo e giunco. La prima viene lavorata soprattutto nel nord dell'isola, dove sono famosi i cestini di Castelsardo. La Regione Sardegna si è sempre occupata dei problemi dell'artigianato. Grazie all'I.S.O.L.A., inoltre, i manufatti sardi sono stati apprezzati e conosciuti oltre mare. I tappeti sono così divenuti l'oggetto più tipico. Essi, così come le cassepanche, i cestini e le ceramiche, fanno dei fiori, del sole e degli uccelli gli oggetti prediletti nelle loro rappresentazioni.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda