Pane dei pastori

I titoli di testa scorrono con un dipinto sullo sfondo e una musica di chitarra che ricorda motivi tradizionali prosegue fino ad accompagnare immagini della campagna e di un nuraghe. La voce over, su immagini di ovili, pecore e paesetti, informa che nell'interno dell'Isola la vita ha ancora un'impronta arcaica e l'esistenza ruota intorno ala pastorizia che costringe gli uomini durante l'inverno a spostarsi nelle zone calde dove si trattengono fino alla primavera. Si tratta comunque di un distacco dalle proprie case non vissuto in maniera drammatica in quanto insito e connaturato a questo tipo di vita. Per il pastore che si appresta a partire -le inquadrature ce lo propongono mentre prepara "il bagaglio" sistemando nella bisaccia gli strumenti del mestiere- non può mancare una sufficiente scorta di pane, un pane particolare, arido e secco che dovrà durare per tanto tempo. È il pane carasau che le donne lavorano a mano e in gruppo in una sorta di unione solidale della comunità. La descrizione del lavoro di preparazione del pane attraverso le immagini è precisa e dettagliata e riesce a superare la distrazione proposta dalla musica e dalla retorica del commento parlato. Attraverso primi piani, dettagli, campi medi percorriamo tutte le fasi dall'accensione del forno a legna fino all'impasto della farina, dalla lievitazione alla preparazione delle focacce e così via fino alla cottura, la separazione delle sfoglie, la pulitura e la ricottura. Il pastore può così prendere la sua scorta di pane e collocarlo in una tasca della bisaccia e partire per la lunga stagione invernale.

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda