Inventata da un dio distratto

"Se una storia è niente appartiene soltanto a chi la racconta ma se è qualche cosa appartiene a tutti". È con la frase di Ernst Bloch che si apre il viaggio alla scoperta di Maria Lai, nata ad Ulussai il 27 Settembre del 1919. Attraverso immagini suggestive e quasi fiabesche di una Sardegna primitiva affiora passo dopo passo l'opera di Maria Lai che, compiendo un viaggio nel tempo e nei ricordi, propone e racconta i suoi lavori. La vediamo mentre si arrampica per le stradine tortuose verso "La scarpata", grande opera creata dallo scompiglio generato dal vento, oppure che racconta placida le leggende che hanno accompagnato la sua infanzia e che fanno assaporare l'essenza dei suoi lavori in pietra, come "La moltiplicazione dei pani e dei pesci / La strada del rito", e in tessuto, come "Le capre cucite". La sua voce, che funge da istanza narrante, arricchisce le immagini dei suoi luoghi e su un meraviglioso tramonto aranciato scorrono le parole che raccontano la storia del dio distratto il quale incontrò Maria Pietra nel suo cammino e che, consegnandole l'ago magico, le suggerì ciò che doveva fare: i paesaggi. Nei suoi racconti affiorano i personaggi a lei più cari, che hanno segnato il suo cammino, come Costantino Nivola -di cui viene mostrata la sua ultima opera "Fontana" del 1987- a cui lei dedicò proprio l'opera "Omaggio a Nivola", e Giuseppe Dessì a cui, con la sua magia, rese più dolce il periodo della malattia sino al suo sonno eterno. Ed è proprio attraverso le parole di Dessì che Maria Lai ci racconta la leggenda delle Janas, queste fate incantate nate dalle api che "ci portano un po' di universo perché non ci sfugga" proprio come fa l'arte, e che l'hanno ispirata in "Ca de janas" dando un'impronta fiabesca e magica alla sua opera fatta di fili che si incontrano, si sovrappongono, si annodano in un gioco incantato e segreto. Segreto come i "Libri cuciti" ingarbugliati tra i fili «quasi come se il libro fosse timido e non volesse essere sfogliato». La musica accompagna il racconto e le immagini di questa donna-bambina che cercò sempre di seguire la sua strada. Strada tortuosa ma che fu meno in salita grazie ai consigli di un paterno Salvatore Cambosu, suo grande maestro che le insegnò come la sardità fosse un privilegio e non un limite. Dopo una carrellata delle sue opere, che trovano spazio nella natura e nei luoghi a lei più cari, si arriva all'ultima parte del documentario che abbandona il colore per segnare di bianco e nero i ricordi più cari di Maria Lai legati al nastro azzurro - unica nota di colore tra le immagini - che legò indissolubilmente Ulassai e che segnò il suo cammino verso l'arte come valore di pace e amicizia. Le immagini suggestive di quel paese legato alla severa montagna ci presentano l'opera "Legarsi alla montagna" e ci introducono al tema più caro e sentito dall'artista: la libertà. La libertà come fonte di felicità, come fuga e amore. Sì, perché dalle parole di Maria Lai "il vero amore è quello che aiuta l'altro ad essere libero".

Iniziativa a cura del Centro di Servizi Culturali Società Umanitaria - Cineteca Sarda